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giovedì 20 settembre 2007

PRODUZIONI AGRICOLE E FAME


Potenza- Dal giorno in cui è stato immesso sul mercato statunitense il primo prodotto transgenico (il pomo- doro FlavrSavr), sono passati circa 15 anni. Da allora, le agrobiotecnologie sono state presentate come una scelta inevitabile per un’agricoltura moderna e globalizzata (per favorire il progresso, sconfiggere la fame nel Sud del mondo, aumentare i redditi degli agricoltori, diminuire i costi per la trasformazione industriale). La produzione agricola mondiale come tutti sapete è esplosa nel secolo scorso, grazie all’introduzione di tecnologie industriali nei campi coltivati, portando ad una serie di cambiamenti così importanti, la cosiddetta rivoluzione verde. Per assurdo, mentre la produzione mondiale di derrate alimentari raggiungeva picchi mai visti nella storia, si andavano acutizzando nei paesi poveri i problemi di fame, crisi delle aree rurali e conflitti legati all'accesso alle risorse come acqua e terra. Per questi motivi, alcuni grandi agronomi, economisti e diplomatici di fama mondiale hanno cominciato a parlare di “geopolitica della fame” affermando che la fame nel mondo non è un problema di risorse, ma di politiche e diritti. Ecco un altro argomento che meriterebbe un lungo discorso, ma non potremmo affrontarlo adesso. Accontentiamoci di dire che questa corrente di pensiero è diventata una scuola, con esponenti molto autorevoli nelle università, nelle organizzazioni internazionali e nella vita politica di molti paesi. All'inizio, circa cinquant'anni fa, le loro tesi erano considerate assurde, ma oggi è chiaro che pur essendo rivoluzionarie avevano colpito il vero nodo di un problema le cui soluzioni non sono da cercarsi in una tecnologia che garantisca produzioni maggiori, ma in un'economia che garantisca condizioni più eque. Eppure, con la comparsa degli OGM c'è stato qualcuno che ha affermato che queste nuove piante e le loro alte performances avrebbero dato un contributo sostanziale alla lotta alla fame, specialmente nei paesi più poveri. Ma non diversamente dall'agricoltura industriale, la coltivazione dei semi geneticamente modificati richiede dei lavori iniziali, e l'acquisto di pesticidi e fertilizzanti, cioè un investimento di denaro che i piccoli coltivatori dei paesi più poveri possono sostenere solo indebitandosi con banche ed usurai. Spesso le stesse industrie forniscono semi, attrezzi e sostanze chimiche a credito, ai contadini che si impegnano a pagare al raccolto successivo. Si genera così una grave dipendenza economica per un’attività che tradizionalmente fa molto uso di risorse concrete come semi e lavoro manuale, ma non di denaro e credito. Quando non possono ripagare col ricavato del raccolto (perché l'annata non rispetta le promesse o il mercato non lo acquista) i contadini sono dunque costretti a cedere l'unica cosa che possiedono: la loro terra. Questi problemi sono così gravi che in India, un paese molto popolato e povero dove i 3/4 della popolazione, cioè 750 milioni di persone (più di dieci volte l'intera popolazione italiana) dipende dall'agricoltura, dal 1997, in seguito all’introduzione del cotone OGM, con pessimi raccolti, più di diecimila contadini si sono suicidati per la disperazione. Purtroppo non è un dato esagerato, e ci fa riflettere molto sull'utilità degli OGM per risolvere i problemi dei paesi poveri.

Non sarebbe il caso di lasciare il mondo così com’è?

Ricordati che con la salute e la natura non si scherza!!!!

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