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giovedì 27 settembre 2007

cercasi collaboratori

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è arrivata la biodomenica anche in Basilicata

Mancano poche settimane alla BioDomenica, la campagna nazionale di informazione e promozione dell’agricoltura biologica promossa dall’AIAB. La BioDomenica è un’iniziativa che ormai da 8 anni porta in piazza i produttori biologici per incentivare presso i cittadini la conoscenza dell’agricoltura biologica e dell’insieme dei valori che essa rappresenta. Organizzata da AIAB in collaborazione con Coldiretti e Legambiente, e il patrocinio del Ministero delle Politiche agricole e forestali e del Ministero dell’Ambiente, la manifestazione si svolgerà in oltre 50 piazze italiane. Quest’anno inoltre la Biodomenica rientra nel dibattito pubblico sugli OGM organizzato dalla Coalizione ItaliaEuropa Liberi da OGM. Nelle piazze di Biodomenica sarà possibile dare la propria opinione sulla questione degli OGM, partecipando alla consultazione nazionale. La Biodomenica ha il suo sito ufficiale: www.biodomenica.it, nel quale vengono rese disponibili tutte le informazioni relative agli appuntamenti in piazza. (AIAB).

Lettera aperta

Al prof. Fierro, promotore della proposta Pro-OGM

p.c.

Al presidente della giunta regionale

Ai componenti Consiglio regionale

Al presidente della Terza commissione consiliare Dott. Pittella Marcello

Ai componenti della terza commissione consiliare

Ai rappresentanti delle associazioni di categoria

Al popolo lucano

Avevo preparato questo intervento per l’audizione prevista per il giorno 26 settembre giusta convocazione prot. 883/07 terza commissione consiliare prevista per le ore 10.00 (per la cronaca l’audizione era prevista alle 10.00 ed invece è iniziata comodamente alle 11 passate) per portare a conoscenza agli organi competenti le preoccupazioni derivanti dagli OGM che investono il settore della agricoltura biologica lucana e delle produzioni di qualità ed in secondo luogo chiedere alla Regione di prendere una posizione netta e contrastante alla scelta scellerata fatta dal consiglio dei ministri UE in materia OGM. Purtroppo un disguido sull’orario non mi ha permesso di essere presente alla riunione.

Avrei voluto chiedere in quella circostanza al prof. Fierro tantissime cose, ma a questo punto sorge spontanea l’unica domanda: secondo Lei ci sono ancora speranze per i sostenitori dello zero assoluto o dello 0,1% (ovvero assenza di OGM negli alimenti)?".

Insomma ce la faremo ad opporci a questa scelta o dovremo rassegnarci all’idea e mangiarli a tutti i costi?

Dal comunicato stampa del 26 settembre ore 16.29.55 scaricabile sul sito www.basilicatanet.it sembrerebbe che dovremo rassegnarci o andare altrove (magari in Svizzera) per essere liberi di decidere del proprio futuro. Del resto è un’ipotesi avanzata anche dall’ottimo consigliere Mollica, ovviamente per altre circostanze (vedi ultimo comunicato del 27/09 http://www.basilicatanet.it/news/article.asp?id=591805).

Da quanto ho appreso dalla Sua nota, in veste di vicepresidente della Commissione Agricoltura, Lei ritiene e cito testualmente le sue affermazioni che “l’utilizzo di Ogm ha sollevato dubbi e paure legati alle possibili implicazioni ambientali, sanitarie, economiche e sociali”.... sembrerebbe che “Dopo più di vent’anni di ricerca (dal 1985) e dodici anni di consumo (dal 1995) gli Ogm in commercio non hanno evidenziato problemi diversi da quelli posti dalle colture non modificate geneticamente. ……

Inoltre sempre con la stessa nota Lei ritiene che per gli Ogm è stato sviluppato un sistema normativo che richiede analisi estremamente accurate al fine di valutare preventivamente l’opportunità di inserirli nel sistema agricolo e sostiene che attualmente gli Ogm sono così controllati da essere più sicuri delle piante convenzionali e tali da non presentare alcun rischio per la salute o per l’ambiente.

Ho appreso (non nascondo il mio stupore) che al tavolo erano tutti d’accordo o "quasi" sulla sua proposta. Per il dovere di informazione, al dibattito (audizione) in terza commissione consiliare hanno preso parte anche i consiglieri regionali Mollica (verdi), Salvatore (SDI) e Simonetti (PRC) come si evince dalla sua stessa nota diramata dagli organi di informazione regionali.

In virtù di questo mi convinco sempre più che la lotta contro gli OGM si dovrà ulteriormente inasprire. Tutto questo in difesa dei cittadini e per dare voce al popolo che oramai è stufo di accettare supinamente le decisioni calate dall’alto e purtroppo molte volte non condivise dalla maggioranza dei cittadini.

Vorrei farLe presente che da un sondaggio eurobarometro, commissionato dalla Coldiretti, in Italia gli scettici (anti OGM) rappresentano il 77%.

io "purtroppo" appartengo a quel 77%.

In me si fa sempre più forte la convinzione che sono in molti a scommettere di conoscere benissimo gli OGM, anche se non tutti sanno davvero di cosa si tratta.

Non nascondo che anch’io mi sento di avere “sufficienti” conoscenze sulla problematica ma i dubbi permangono e pertanto nel dubbio invoco sempre al "principio della precauzione".

Comunque per chiarezza a chi ci legge riporto testualmente una delle definizioni più accreditate sugli OGM: sono esseri viventi ottenuti inserendo nelle cellule materiale genetico ad esse estraneo, proveniente da piante, animali, batteri, virus, e perfino da esseri umani.

Questo tema così controverso ci riguarda tutti per il fatto che la nostra dieta comprende già alcune piante o semi o parte di esse che potrebbero rientrare in questa categoria. La soia e il mais sono state le prime colture sottoposte a modifiche genetiche ed attualmente i brevetti depositati per specie geneticamente modificate sono più di 2000. In Europa è già stato dato il via a 37 di questi.

Illustri uomini di scienza si sono già pronunciati sia in favore che contro questo tipo di intervento, che nulla ha in comune con le tradizionali tecniche di selezione operate dagli agricoltori per secoli.

Non si capisce chi li voglia i prodotti OGM. Nessuno è in grado di dirci se produrranno degli effetti negativi a medio termine sul nostro organismo.

A nostro avviso però l’ultima parola spetterebbe al consumatore, a chi va a fare la spesa, che può decidere se vuole o non vuole trovarsi nel piatto questi alimenti.

La Svizzera a tal proposito insegna: Il 55,7% degli svizzeri ha detto no in un referendum agli OGM ed è stata la prima nazione ad esportare prodotti con la dicitura “OGM free” nonostante i dipendenti degli svizzeri (il governo) erano contrari al referendum e favorevoli agli OGM.

Per approfondimenti si rimanda al blog www.beppegrillo.it

Siamo perfettamente consapevoli del fatto che le biotecnologie sono una delle frontiere più avanzate e promettenti della ricerca e della innovazione tecnologica e in completo accordo con chi all’audizione ha sostenuto questo. Come sono completamente d’accordo che l’agricoltura lucana ha bisogno di certificazione di prodotti di qualità ed un rilancio nella commercializzazione. Ma la qualità difficilmente si riuscirà ad ottenere con gli ogm che di fatto privano i prodotti agroalimentari di quei valori fondamentali fatti di persone e territori, di salute e qualità, che siano sostenibili ed innovativi, fondati sulla biodiversità, liberi da OGM.

E siamo d’accordo con chi sostiene che “la ricerca deve sempre essere valutata in base al rapporto tra i costi e i benefici e quindi apre ad interessanti e nuovi scenari su una tematica che non va ideologizzata ma legislativamente va correlata con azioni virtuose e utili per la ripresa di una agricoltura che si ammoderna e che va governata con metodi scientifici plausibili”.

Dopo aver ascoltato le grida di chi, in televisione, sui giornali e sui portali della regione, ha cercato di convincerci che gli ogm sono bravi, belli e buoni, addirittura meglio degli altri alimenti noi continuiamo ad essere scettici, non solo sulle loro caratteristiche nutritive, ma anche sul modo in cui ci vengono proposti.

Nei prossimi giorni non è da escludere che chiederemo un confronto con la classe politica regionale di maggioranza ed opposizione per chiarire le posizioni.

In questa relazione vi spiegherò perché diciamo no agli ogm.

1) NON SIAMO SICURI CHE SIANO INNOCUI

Ci riferiamo alle garanzie di sicurezza alimentare che, ancora oggi e dopo vent’anni di modifiche genetiche, ancora non ci sono. Coloro che si oppongono alla diffusione di ogm sono stati spesso accusati di essere dei poveri ignoranti, paurosi del futuro e del progresso scientifico. Noi, al contrario esigiamo prove condotte con il rigore che la scienza deve essere in grado di dare. Quello che non sempre viene dichiarato è che non sono tutte rose e fiori: per esempio ci si è accorti che un tipo di soia modificata contiene sostanze ritenute responsabili di diminuire l’accrescimento.

Può darsi che particolari come questi, per qualcuno siano semplici dettagli. Per noi non lo sono. Si ha un bel dire che, essendo state consumate da migliaia di Statunitensi per oltre un decennio, tutto sommato grossi guai non sono emersi, non ci si fa scrupolo ad affermare che “non è ancora morto nessuno”. Questa non è scienza e comunque non è vero. Sono passati molti anni da quando, nel 1988, negli USA 37 persone morirono dopo aver consumato un integratore alimentare ottenuto da microrganismi modificati.

In tempi più recenti si sono avuti casi di intossicazione (citati anche da quotidiani molto noti): alcune persone, negli USA, sono finite al pronto soccorso per aver consumato un alimento prodotto con un mais geneticamente modificato originariamente approvato solo per consumo animale.

Sono stati registrati casi di shock anafilattico e numerosi problemi, fortunatamente meno gravi, dovuti all'ingestione del mais StarLink finito per "errore" negli alimenti destinati agli umani. Quel mais non avrebbe dovuto essere lì, invece c’era. Come è stato possibile? Molto banalmente, infine, notiamo che i casi di allergie e intolleranze alimentari sono in aumento tra la popolazione. Un'indagine condotta da 15 Centri della Società Italiana di gastroenterologia ed epatologia pediatrica su 17 mila studenti delle scuole medie inferiori ha dimostrato la presenza di celiachia, cioè l'intolleranza al glutine, in un caso su 150. Qualche anno fa la frequenza era di un caso su 1000-2000.

Dato che stiamo consumando frumento da secoli come alimento di base e senza aver acquisito intolleranza, sembra logico avanzare l’ipotesi che la causa sia da ricercare nel tipo di frumento che si sta attualmente consumando. Gli ogm potrebbero aggravare questa situazione. Il fatto è che non siamo in grado di ricondurre nessun malessere, temporaneo o duraturo, acuto o cronico, al consumo di ogm, perché per anni non sono stati dichiarati in etichetta, quindi non possiamo sapere se ci sono stati effetti sui parametri fisiologici e clinici; in altri termini, come si fa a sapere se qualcuno dei malanni che periodicamente ci disturbano può essere dovuto “anche” al consumo di ogm se per anni non sono stati riconoscibili?

Ci piacerebbe chiedere agli Statunitensi, che da anni consumano prodotti a base di mais e soia gm, se sono contenti di aver fatto inconsciamente da cavia per tutti questi anni; crediamo di no, visto che alcune contee statunitensi (Mendocino, Stato della California, in testa) hanno già cominciato la loro battaglia per dichiararsi liberi da ogm. Ecco il punto: nonostante le insistenze di molti comitati scientifici indipendenti e delle associazioni di consumatori, non è ancora successo che un gruppo di volontari, nutriti con alimenti gm, sia stato sottoposto a un controllo costante negli anni, che permettesse di capire se questi nuovi alimenti sono davvero sicuri come qualcuno dice. Eppure di tempo ne è passato, se si fosse iniziato subito a quest’ora avremmo già le risposte e le rassicurazioni che vogliamo. Non vogliamo pensare che sia stato per mancanza di volontari, e vista la grande quantità di scienziati che sostengono i pregi di questi alimenti riteniamo che potrebbero essere proprio loro a dare questa prova, sottoponendosi con coerenza a un esperimento di nutrizione a base di ogm.

Non sono mancati scienziati che hanno già lavorato in questo senso, uno studio condotto in modo scientificamente attendibile è, per esempio, quello svolto dall’Università di Newcastle. Ma, per quanto utile ed interessante, l’esperimento ha impiegato un numero di volontari molto ridotto (12) e, soprattutto, è durato poco tempo. E’ comunque servito a dimostrare che, contrariamente a quanto si pensava, il DNA resta integro nell’intestino per alcuni minuti, tempo potenzialmente sufficiente per interagire con la microflora intestinale.

2) NON E’ VERO CHE SONO STABILI

Oggi la scienza non dispone degli strumenti per capire cosa accade esattamente con una manipolazione genetica, tanto meno per prevedere i risultati a medio e lungo termine. Si è capito che nessun gene funziona isolatamente, e poco si sa delle interazioni che possono avvenire tra i geni e con l'ambiente.

Nella relazione della Compagnia che detiene il brevetto del mais Bt11, recentemente accettato dall’Unione Europea, viene dichiara la presenza di una singola copia del transgene inserito. Invece le analisi condotte del Belgian Council for Biosafety hanno rivelato che questo inserto nel tempo ha subìto una specie di assestamento, sono stati rilevati frammenti in posizioni anormali e parti troncate. Non si è neanche sicuri che sia presente solo una copia del transgene inserito originariamente. Sembrerebbe infatti che il materiale genetico inserito si sia duplicato da solo e di propria iniziativa si sia inserito in parti diverse dei cromosomi.

Questo è un caso tutt’altro che strano, esistono infatti alcune porzioni di materiale genetico, note come trasposoni, in grado di autoduplicarsi e “saltare qua e là”. Si tenga presente che l’inserimento di un gene estraneo (il transgene), avviene sempre in modo casuale, quindi potrebbe benissimo essersi inserito in un trasposone. Purtroppo questo significa che il suo destino è continuare a modificarsi da solo, in modo casuale e, quel che è peggio, totalmente fuori controllo. Un'altra scoperta preoccupante è che questo mais potrebbe già essere stato contaminato da un altro mais transgenico (il Bt176), che nel 2001 è stato collegato alla morte di alcune vacche da latte in Germania. Infatti ci si è accorti che per identificare il transgene di questi due tipi di mais è possibile usare lo stesso reagente (il cosiddetto primer) che “funziona” in entrambi i casi. Riteniamo che questi esempi dovrebbero far riflettere.

3) NON E’ VERO CHE SONO PIU’ SICURI DEI PRODOTTI BIOLOGICI

Recentemente sui giornali e in programmi televisivi alcuni noti scienziati, apertamente favorevoli agli ogm, hanno dichiarato che i prodotti biologici, che non usano fungicidi, sono più contaminati da aflatossine rispetto ai prodotti convenzionali ed a quelli geneticamente modificati, dando ad intendere al pubblico che gli ogm potrebbero essere la soluzione anche per questo problema. Le aflatossine appartengono alla categoria delle micotossine, sono cioè sostanze molto tossiche, prodotte da alcuni ceppi di muffe (dei generi Fusarium e Aspergillus), con effetti potenzialmente cancerogeni sul fegato. Le infestazioni di queste muffe si hanno sui foraggi insilati quando le condizioni ambientali sono particolarmente calde e umide. Le aflatossine ingerite dagli animali vengono eliminate anche tramite il latte ed è per questa via che possono arrivare ai prodotti caseari.

Non vogliamo qui dilungarci spiegando come, nelle coltivazioni biologiche, l’estratto di agave sia risultato utile per inibire le crescita di muffe e la produzione di micotossine, ci riserviamo di farlo in una futura occasione. (cito soltanto lo studio della FIBL sulla qualità superiore ei prodotti bio recentemente presentato al SANA di Bologna). Tuttavia teniamo a puntualizzare che l’effetto delle colture gm nell’ostacolare la produzione di aflatossine è solo indiretto: infatti le colture che sono state modificate inserendo il gene Bt, che ha effetto insetticida, evitano le infestazioni degli insetti parassiti, e quindi si limitano a ridurre la possibilità che sulle ferite aperte dagli insetti possano, eventualmente e in un secondo tempo, svilupparsi le muffe. A coloro che sostengono queste ipotesi vogliano citare le conclusioni apparse nel rapporto della FAO in occasione del congresso tenutosi a Porto nel luglio del 2000.

La FAO è ritenuto un organismo scientificamente attendibile, pertanto ci limitiamo a citare testualmente: “dagli studi presentati non si può concludere che le coltivazioni biologiche comportino un aumento del rischio di contaminazione da micotossine. E’ importante sottolineare che sono previste buone pratiche agricole e di stoccaggio, nell’agricoltura convenzionale e biologica, che servono a minimizzare i rischi di sviluppo di muffe e contaminazione da micotossine”. Inoltre la stessa FAO cita due studi che hanno dimostrato che i livelli di una aflatossina sono risultati addirittura inferiori nel latte biologico rispetto a quello convenzionale e conclude affermando che “Buone pratiche di alimentazione del bestiame richiedono che i foraggi siano stoccati in modo da evitare la contaminazione. Dato che il bestiame allevato con il sistema biologico viene nutrito con maggiori proporzioni di fieno, erba e foraggi insilati, c’è una ridotta possibilità che alimenti contaminati da micotossine comportino la contaminazione del latte”.

4) I GENI CHE VENGONO INSERITI NON SONO UGUALI A QUELLI NATURALI

Molti dei geni introdotti nelle piante sono composti da frammenti di DNA di origine batterica che però sono stati prodotti ex-novo in laboratorio, in modo da includere alcune parti che servono a migliorare l’effetto finale, servono cioè a renderne più efficiente l’espressione nella pianta. La sequenza del DNA della tossina, e quindi la sua formula chimica, è diversa da quella prodotta da un microbo, in quanto è stata modificata per rendere il gene più attivo nella coltura oppure per fare in modo che si possa sciogliere nella cellula vegetale. Del resto una pianta e un batterio non potrebbero mai produrre la stessa identica sostanza, non fosse altro per il fatto che non dispongono degli stessi organi.

Ogni tossina che si fa produrre ad una pianta coltivata è quindi diversa rispetto a quella naturale. I test condotti per verificare l’innocuità e la sicurezza delle piante gm sui mammiferi e sull’ambiente si sono basati sulla tossina naturale, non hanno affatto verificato quella “vera”, cioè quella che davvero è presente nella pianta, non si è preso in considerazione l’effettivo prodotto dei geni modificati, presente nella coltura gm. Questo significa che le tossine presenti effettivamente nelle colture modificate non sono mai state sottoposte a una valutazione di tossicità.

Si è dato per scontato che le tossine prodotte dai geni modificati fossero identiche a quelle delle tossine naturali, ma così non è!!!!

Sappiamo bene che si tratta di analisi che hanno costi molto elevati, ma riteniamo che la salute dei consumatori abbia un valore comunque maggiore.

5) NON E’ VERO CHE SONO IN GRADO SI SFAMARE IL TERZO MONDO

Nonostante le affermazioni che abbiamo sentito fare nelle recenti campagne elettorali da alcuni politici, e quelle delle ditte sementiere che vorrebbero far credere di essere opere pie di beneficenza, vogliamo che una cosa sia chiara: almeno per il momento, non esiste alcuna coltura geneticamente modificata in grado di rispondere alle esigenze delle popolazioni più povere. Siamo al corrente che è in fase di studio un tipo di frumento resistente alla siccità, ma allo stato attuale delle cose, purtroppo, non esiste semente gm che possa trovare impiego per sfamare le popolazioni del cosiddetto “terzo mondo”.

Avevamo sperato che il favoloso “golden rice” potesse almeno risolvere le carenze di vitamina A che affliggono alcune popolazioni, ma anche questa si è rivelata una delusione: non solo perché la vitamina A presente nei semi è in una forma chimica scarsamente efficace dal punto di vista nutrizionale, ma soprattutto perché la quantità di questo riso che dovrebbe essere consumata da ogni persona, bambini compresi, supera abbondantemente i due chilogrammi al giorno. Un problema da non sottovalutare è inoltre la necessità che gli agricoltori acquistino i semi (costosi) ogni anno, senza avere la possibilità di riseminare una parte del raccolto dell’anno precedente. Questa necessità comporta una dipendenza ancora più stretta degli agricoltori nei confronti delle ditte sementiere, che del resto devono in qualche modo rientrare delle ingentissime spese sostenute per mettere a punto queste sementi e non possono certo permettere che vengano acquistate una sola volta.

6) LE RIPERCUSSIONI SULL’AMBIENTE

Si parla molto del rischio che si perda la biodiversità: tanto tempo fa le varietà coltivate erano moltissime, oggi si rischia di vedere ridotto questo patrimonio a poche decine. In questo ambito le piante gm potrebbero prendere il sopravvento su tutte le altre, non solo diffondendo il loro polline, ma sostituendosi a tutte le varietà locali grazie alla loro resistenza ai parassiti e ai diserbanti. Le prime coltivazioni a essere danneggiate saranno certamente quelle biologiche.

L’elemento che troppo spesso viene sottovalutato è il polline. Questa polverina impalpabile ha la possibilità di essere trasportata dal vento anche a distanze notevoli.

Vorremmo riflettere su un dato preciso: attualmente la presenza di ogm in un prodotto fino allo 0,9 % è legalmente considerata “accidentale”. Secondo noi proprio questo dettaglio costituisce una dichiarazione implicita di incapacità di gestire la diffusione dei transgeni nell’ambiente.

Per definizione le colture biologiche sono esenti da ogm, ma come si può evitare che il polline estraneo le raggiunga? Ecco perché si discute molto della distanza da garantire tra i campi che ospitano colture gm e quelli con colture biologiche. Restiamo davvero stupiti quando leggiamo, anche su giornali molto noti (si veda per esempio il Corriere della Sera del 4 novembre 2004), le affermazioni di alcuni genetisti secondo i quali il polline del mais non va oltre i 25 metri e quello del riso non supera distanze oltre il mezzo metro. Vorremmo far presente che, nella Pianura Padana, quando il riso e il mais sono in fioritura, normalmente c’è vento. Riteniamo non sia necessario essere degli esperti per comprendere che mezzo metro sia una distanza decisamente improbabile.

Del resto gli agronomi sanno bene che il polline del mais può giungere ben oltre i 2 chilometri dal campo in cui viene prodotto.

A tal proposito voglio riportare un estratto della legge 18 del 20 maggio 2002 (nata sotto il segno di Nigro).

ART. 2

Divieto di coltivazione e di allevamento, a qualsiasi titolo, sui terreni di proprietà pubblica, collettiva e nelle aree a qualunque titolo protette.

1. E’ fatto divieto di coltivazione e di allevamento di piante e animali geneticamente modificati o di altro tipo di organismi geneticamente modificati sui terreni di proprietà del demanio regionale, sui terreni di proprietà collettiva ricadenti nel territorio regionale e nelle aree limitrofe a questi, nel raggio di almeno due chilometri.

2. A fini sperimentali si seguono le procedure previste dall’art. 7 del Decreto Legislativo 12 aprile 2001, n.206.

3. Nelle aree protette regionali, nei territori di interesse collettivo regionale individuati ai sensi della legislazione vigente in materia, e nelle aree in cui si realizzano prodotti garantiti da un marchio o da una qualunque denominazione o specificazione di qualità riconosciuta dall’Unione Europea, è fatto divieto di usare organismi geneticamente modificati anche a fini meramente sperimentali, sia all’interno dei citati luoghi che nelle zone limitrofe nel raggio di almeno due chilometri.

4. E’ fatto divieto di coltivazione e di allevamento di organismi geneticamente modificati anche a soli fini sperimentali nei terreni ricadenti in una fascia di rispetto di almeno due chilometri da qualunque azienda che segue i metodi dell’agricoltura biologica o che a qualunque titolo riceva sostegno per l’applicazione di misure agroambientali, in ossequio alla legislazione vigente.

5. E’ fatto divieto di coltivazione e di allevamento di organismi geneticamente modificati, nei siti inseriti in appositi elenchi predisposti dalla Regione nell’ambito della rete regionale di protezione della biodiversità e nelle zone limitrofe per una distanza di almeno due chilometri.

6. Gli agricoltori – singoli o associati – e i proprietari di terreni, al fine di tutelare la qualità delle loro produzioni e il valore ambientale dei loro beni, possono fare richiesta alla Regione di dichiarare i terreni di loro pertinenza privi della presenza di organismi geneticamente modificati. Nella zona di rispetto di almeno due chilometri da tali siti è fatto divieto di usare organismi geneticamente modificati, anche a soli fini sperimentali.

7. Per la richiesta di cui al precedente comma 6 è osservata la procedura di cui all’art.8 della Legge regionale 27 aprile 1999 n. 14.

8. Un regolamento di attuazione, adottato dalla Giunta Regionale, sentita la Commissione Consiliare Permanente competente, entro quattro mesi dalla entrata in vigore della presente legge, regolerà gli effetti del presente articolo.

omissis

ART. 5

Esclusione dalla protezione dei marchi o di una qualunque denominazione o specificazione di qualità

1. Sono escluse dalla possibilità di accedere ai marchi o a qualunque denominazione o specificazione di qualità per i loro prodotti le aziende agricole che, per le produzioni oggetto di tali marchi, utilizzino organismi geneticamente modificati, comunque presenti nel ciclo produttivo come materia prima, coadiuvanti, additivi o ingredienti.

Ovviamente questa legge si commenta da sola.

In ogni caso secondo noi questo è il problema: genetisti, oncologi ed agronomi, associazioni di categoria e soprattutto politici e politicanti, sul tema degli ogm si consultano e collaborano troppo poco. A giudicare da quanto si sente, sembra proprio che ogni categoria di scienziati resti chiusa nel suo mondo, e non prenda in considerazione altri punti di vista, il che è un peccato. Esiste perfino un gruppo di volontari, i seed savers, che va alla ricerca delle sementi tradizionali, quelle che hanno caratteri particolari e radici che affondano nella cultura stessa delle nostre regioni; anno dopo anno questi semi vengono coltivati e mantenuti vitali, per evitare che spariscano per sempre e perché un giorno, forse, qualcuno ne avrà bisogno.

Molti agricoltori italiani scalpitano, non vedono l’ora di iniziare a coltivare piante gm, ma stanno prendendo un abbaglio se pensano di risolvere così tutti i problemi di parassiti e piante infestanti. Infatti sta già avvenendo una selezione genetica di erbe infestanti e di insetti che non risentono di alcun danno dalle piante gm. La tossina prodotta dal mais Bt, ad esempio è già inefficace su alcuni insetti, che hanno sviluppato una naturale resistenza. I geni di resistenza a un certo diserbante sono già stati assorbiti anche da alcune piante infestanti, che quindi non ne risentono più. In breve: facciamo attenzione perché gli eventuali vantaggi potrebbero essere comunque di breve durata e gli eventuali svantaggi tutti a carico degli agricoltori, che dovranno farsi carico dei rischi connessi alle loro colture e per questo motivo rischiano di essere fortemente penalizzati.

Vogliamo ricordare che nessuna compagnia di assicurazione ha mai accettato di accollarsi il rischio di possibili danni da parte di colture gm. Per quanto riguarda la sicurezza e la tutela ambientale si deve applicare il cosiddetto “principio di precauzione”, ossia non si possono coltivare specie vegetali modificate fino a quando non si è dimostrato che queste colture non arrecano danni all’ambiente o alla salute dei consumatori. Siccome nei transgeni vengono impiegate anche porzioni di materiale genetico di virus, necessarie per ottenere l’inserimento nella cellula ospite, non si può escludere la possibilità che avvenga quello che si chiama “trasferimento orizzontale”, cioè la diffusione incontrollata di geni a specie diverse. Nell’incertezza è senz’altro preferibile non compiere scelte con effetti irreversibili: già, perché l’inquinamento genetico, cioè la diffusione dei geni per mezzo del polline, non è un evento che si può controllare, né fermare, né revocare. Si tratta di una macchina che, una volta avviata, non si potrà mai più “spegnere”.

7) LA LEGISLAZIONE VIGENTE

Il rapporto del Centro Comune di Ricerche della UE ha evidenziato gravi problemi di convivenza tra agricoltura transgenica, agricoltura biologica e convenzionale, affermando che l’agricoltura biologica sarebbe irreversibilmente compromessa dalla contaminazione da OGM e paventando, inoltre, forti rischi di perdita di competitività per l’agricoltura convenzionale. Per cercare di tutelare i diversi tipi di coltivazioni e, specialmente, il diritto di scelta dei consumatori, in Italia è recentemente entrato in vigore il discusso Decreto-Legge 22 novembre 2004, n.279, più noto come Decreto Alemanno.

In esso si afferma che “L'attuazione delle regole di coesistenza deve assicurare ai consumatori la reale possibilità di scelta tra prodotti transgenici e non transgenici e, pertanto, le coltivazioni transgeniche sono praticate all'interno di filiere di produzione separate rispetto a quelle convenzionali e biologiche.” Questo ci sembra giusto, ma stiamo a vedere cosa faranno le regioni, delegate a decidere, entro la fine di quest’anno, secondo quali regole e criteri potranno essere coltivate piante transgeniche. Stiamo quindi a vedere come le nostre regioni risolveranno il problema della coesistenza tra le diverse coltivazioni. In particolare la basilicata come si metterà visto che, solo 5 anni fa, ha approvato una legge molto vincolante e che invece oggi con tali scelte potrebbe andare contro legge.

8) FINALMENTE LE ETICHETTE

Dopo molte insistenze, e solo in tempi recenti (il 18 aprile 2004), nell’Unione Europea si è riusciti a ottenere che la presenza di ingredienti geneticamente modificati in un alimento sia dichiarata in etichetta. Si è trattato di un successo non da poco, vista la netta opposizione di tutte le multinazionali che producono sementi gm e di molti comitati scientifici. In Italia per il momento non risulta siano coltivate piante geneticamente modificate, se non in via sperimentale e in campi confinati, ma è certo che da anni vengono importate molte sementi di questo tipo. Come dire che, anche senza avvisarci, ce le hanno fatte mangiare. Proprio su questo punto è incentrato il nostro maggiore dissenso: riteniamo che il consumatore debba poter scegliere e non ci sembra giusto che per anni gran parte del mais e della soia che abbiamo importato contenesse anche semi gm senza che questo fatto fosse dichiarato esplicitamente.

Anche la Coldiretti ha preso atto della grande diffidenza dei consumatori italiani nei confronti dei cibi che contengono ogm, tant’è che le industrie alimentari sono state scoraggiate a produrli e a commercializzarli. Molti italiani non si fidano, rispetto allo scorso anno sono aumentati del 12% coloro che comprano alimenti garantiti per l'assenza di ogm e oggi ben un italiano su due non si accontenta delle normali garanzie ma acquista cibi che sono certificati come Ogm free. La prova si è avuta quando è stato messo in commercio un olio alimentare che in etichetta dichiarava di essere stato ottenuto da semi gm. Si trattava del primo esempio di alimento ottenuto da materie prime gm messo in commercio in Italia: un olio di semi di soia, importata dall’America, raffinato in Italia e proposto a un prezzo molto basso, solo 89 centesimi al litro. Probabilmente il prezzo basso non è stato sufficiente a convincere i consumatori. Non l’ha comprato quasi nessuno, e nel giro di 10 giorni è stato ritirato dal mercato.

Nonostante gli OGM siano stati approvati e commercializzati per molti anni, non esistono ricerche scientifiche sul loro impatto sulla biologia degli organismi viventi. Questo è dovuto in parte al fatto che prove di nutrizione animale NON SONO PREVISTI per dare approvazione di sicurezza sia nell’UE che, tantomeno (figuriamoci), negli USA. Tuttavia ora sta emergendo una serie di documentazioni da un piccolo numero di esperimenti, fatti su animali, sugli effetti sulla salute e su quella che si chiama EPIGENETICA.

L'epigenetica è una branca della Biologia Molecolare, che ha a che fare con la Genetica , ma si occupa delle modifiche che il materiale genetico può subire durante la vita. Alcune malattie, come i tumori, hanno una base detta appunto "epigenetica". Questi studi indicano che l’ingegneria genetica è molto più imprevedibile e rischiosa rispetto all’allevamento tradizionale.

1) studi di nutrizione animale: recenti studi hanno messo in luce una gamma di seri, inspiegabili effetti derivanti dal consumo di OGM. Uno studio Australiano su piselli gm ha rivelato effetti immunologici legati al trasferimento di un gene, ritenuto sicuro, a diverse specie di piante, che ha causato reazioni allergiche nei gatti.

2) Un esperimento condotto dalla stessa Monsanto ha messo in luce effetti immunologici con un aumento dei globuli bianchi nel sangue di topi alimentati con mais gm.

3) L’unico test a lungo termine (24 mesi), condotto da un gruppo italiano ha dimostrato che gli ogm possono modificare alcuni organi interni. La nutrizione di topi con il famoso mais Roundup Ready ha cambiato la struttura e il funzionamento delle cellule del fegato, del pancreas e dei testicoli.

4) Un esperimento di nutrizione di topi con mais mon 863 condotto da Monsanto ha dimostrato che i neonati avevano un peso inferiore al normale. INBoltre si è visto che il consumo di Mon 863 aveva effetti sulla composizione del sangue, con globuli rossi immaturi e alterazione dei parametri ematici.

5) Uno studio condotto in Russia ha messo in evidenza apparenti effetti generazionali degli OGM con elevata mortalità di giovani topi alimentati con soia Roundup Ready (56% di mortalità e crescita stentata dei neonati sopravvissuti).

6) Un programma finanziato dalla FSA (Food Standards Agency ) Inglese ha dimostrato che l’ingegneria genetica provoca normalmente un vasto numero di modifiche genetiche e chimiche casuali nelle piante, il cui impatto sulla salute è totalmente sconosciuto.

7) Due studi inglesi, uno sugli esseri umani e uno su pecore, hanno dimostrato che quando gli OGM sono ingeriti, alcuni dei geni inseriti si spostano e vengono trasferiti ai batteri dell’intestino.

8) Studi non più recenti avevano già dimostrato che il consumo di ogm danneggia la parete dell’intestino ed è associata con le morti inspiegabili di animali da esperimento: studi effettuati da 3 diversi gruppi di ricerca hanno dimostrato che due piane gm hanno la capacità di indurre emorragie, altri ricercatori si sono accorti che le patate e i pomodori gm provocano lesioni alla parete intestinale dei topi e dei gatti.

9) Almeno due esperimenti di nutrizione con pomodori gm si sono conclusi con la morte inspiegabile degli animali da esperimento, con 7 topi su 40 (il 17,5%) nelle prime due settimane e il 7% di mortalità per polli nutriti con il mais tollerante a glufosinato (il doppio rispetto a quelli nutriti senza ogm).

Vale la pena di puntualizzare che questi studi sono stati effettuati per identificare impatti sulla salute e comprendevano studi tossicologici e analisi di tessuti. Molto diversi dai vari studi di nutrizione di cui si sente a volte parlare, solitamente effettuali con lo scopo di valutare gli aspetti commerciali degli ogm. Le cause di questi effetti non sono conosciute, ma molti sono i fattori in gioco. Si sa da tempo che l’inserzione artificiale, e casuale, dei geni, interrompe la sequenza di altri geni con effetti legati alla posizione in cui avviene l’inserimento. Inoltre il funzionamento chimico del nuovo gene interagisce con le attività dei geni naturali della pianta, disturbando i processi biochimici e quindi il metabolismo in modi imprevedibili. L’epigenetica ha dimostrato che un gene agisce solo per una parte di un processo metabolico e negli esseri viventi esiste una certa interazione tra geni diversi e con l’ambiente in cui vive un certo organismo.
I dettagli esatti di questa interazione sono ancora poco noti, tuttavia sufficienti a dimostrare l’imprevedibilità dell’ingegneria genetica, con risultati diversi a seconda della situazione e una instabilità molto frequente.

Dopo tutto questo allora mi pongo una domanda: Assisteremo rassegnati a questa imposizione? Tutto ormai è affidato al buon senso e alla serietà delle singole aziende del biologico, che saranno costrette, se vorranno tutelare se stesse e la propria immagine, a spendere più soldi per fare verifiche e per trovare materie prime decenti?

Concludo porgendo un ringranziamento a questi “illuminati” ministri che, occupandosi di agricoltura, qualcosa avrebbero dovuto pure conoscerla sugli ogm e che forse inconsapevolmente hanno dato origine ad una imminente “rivoluzione” verde che interesserà l’Italia, l’europa ed il mondo.

Di fronte a una simile decisione tuttavia non si può fare a meno di chiedersi fino a che punto questa gente sia in buona fede. E fino a che punto gli interessi il parere di quelli che li hanno eletti.

Attendo con ansia vostre sull’argomento all'indirizzo mail: terenzio.bove@aiab.it

Terenzio Bove

Dottore di ricerca in produttività delle piante coltivate

Visita il sito www.oltreeboli.blogspot.com per inviare eventuali commenti.

BIBLIOGRAFIA CONSULTATA

1. "Transgenic Expression of Bean -Amylase Inhibitor in Peas Results in Altered Structure and Immunogenicity", Prescott et al, Journal of Agricultural and Food Chemistry, 53 (23), 9023 -9030, 2005

2. Monsanto’s report on its 90-day rat feeding trial of MON 863 submitted to EFSA, the European body which approves GMOs, as part of its application for approval of the maize (1139 pages), entitled “13-Week Dietary Subchronic Comparison Study with MON 863 Corn in Rats Preceded by a 1-Week Baseline Food Consumption Determination with PMI Certified Rodent Diet #5002”, 17 December 2002, disponibile su: http://www.monsanto.com/monsanto/content/sci_tech/prod_safety/fullratstudy.pdf . Reviewed by Dr Arpad Pusztai for the German environment agency BfN, in September and November 2004, disponibile su: http://www.gmwatch.org/p1temp.asp?pid=66&page=1

3. Malatesta M., Biggiogera M., Manuali E., Rocchi M.B. L., Baldelli B., Gazzanelli G.: Fine structural analyses of pancreatic acinar cell nuclei from mice fed on GM soybean. Eur. J. Histochem., 47:385-388, 2003; Malatesta M., Caporaloni C., Gavaudan S., Rocchi M.B.L.,

4 Tiberi C., Gazzanelli G.: Ultrastructural morphometrical and immunocytochemical analyses of hepatocyte nuclei from mice fed on genetically modified soybean. Cell Struct. Funct., 27: 173-180, 2002; Malatesta M., Caporaloni C., Rossi L., Battistelli S., Rocchi M.B.L., Tonucci F., Gazzanelli G.: Ultrastructural analysis of pancreatic acinar cells from mice fed on genetically modifed soybean. J. Anat., 201:409-416, 2002; Malatesta M., Tiberi C., Baldelli B., Battistelli

5. S., Manuali E., Biggiogera B.: Reversibility of hepatocyte nuclear modifications in mice fed on genetically modified soybean. Eur. J. Histochem., 49:237-242, 2005; Vecchio L., Cisterna B., Malatesta M., Martin T.E., Biggiogera B.: Ultrastructural analysis of testes from mice fed on genetically modified soybean. Eur. J. Histochem., 48: 449-453, 2004.

6. Ermakova IV, “Genetically modified soy leads to the decrease of weight and high mortality of rat pups of the first generation”, preliminary studies. EcosInform 2006, 1, 4-9 (in Russian). Un documento completo è in fase di stampa: Ermakova IV, Genetics and ecology, in: Actual problems of science , Moscow , 2005, pp.53-59 (in Russian).

7. Food Standards Agency news No. 48, June 2005

8. Netherwood et al, “Assessing the survival of transgenic plant DNA in the human gastrointestinal tract", Nature Biotechnology, 2004; Duggan et al, "Fate of genetically modified maize DNA in the oral cavity and rumen of sheep", British Journal of Nutrition, 89(2): 159- 166, 2003

9. Ewen and Pusztai, “Effects of diets containing genetically modified potatoes expressing Galanthus nivalis lectin on rat small intestine”, The Lancet, 354, 1353-1354, 1999; A. Pusztai, “Can science give us the tools for recognizing possible health risks of GM food?” Nutr. Health, 16, 73-84; Fares, N.H. and El-Sayed, A.K., “Fine structural changes in the ileum of mice fed on endotoxin-treated potatoes and transgenic potatoes.” Natural Toxins, 6, 219-233, 1998.

10. Unpublished studies carried out for Calgene and at the request of the FDA respectively, in early 1990s, in reviewed “Food safety – contaminants and toxins”, CABI Publishing, 2003.

11.Unpublished study in early 1990s carried out for the company Calgene/the US Government, reviewed in “Food safety – contaminants and toxins”, CABI Publishing, 2003.

12. Report for the Chardon LL Hearing: Non-suitability of genetically engineered feed for animals, by Eva Novotny, Scientists for Global Responsibility, May 2002.

LA LEGGE BIAGI (ovvero) MARONI

La legge sul precariato va re-intestata al suo legittimo proprietario. Si chiama Roberto Maroni. Per amore di verità la legge sul precariato va chiamata "legge Maroni", l'allora ministro del lavoro.
Il professor Mauro Gallegati ci dimostra gli effetti del Maroni e ci spiega che in Italia non c'è lavoro. Infatti, quando c'è lavoro il precariato non esiste e non c'è bisogno di alcuna legge.

"Caro Beppe,
vorrei proporre ai lettori del blog alcune riflessioni su cose lette e dette nell’ultimo mese: da Piazza Maggiore che avrebbe insultato Marco Biagi, alla disoccupazione che non c’è, quasi, più, alla flessibilità che “crea” un lavoro che non c’è.
Iniziamo a riconoscere che esiste una netta differenza tra il “libro bianco” sull’occupazione di Biagi e la legge 30 (che non è la legge di Marco Biagi, ma semmai di Maroni). Il "libro bianco" di Biagi prevedeva infatti di accompagnare le flessibilità a riequilibri sociali ed a una riscrittura del sistema degli ammortizzatori sociali.
In particolare Biagi segnalava 2 punti di ingiustizia sociale: l’equità intergenerazionale e le diverse tutele di trattamento tra occupati e disoccupati. Insomma, segnalava il disagio di esser giovani e disoccupati (se poi si è donna che vive al Sud…). Scriveva: “la struttura della spesa sociale italiana denota un’accentuata caratterizzazione pensionistica ed una bassa incidenza tanto dei trattamenti di disoccupazione quanto di quelli assistenziali a favore di soggetti in età lavorativa”. Come dire: spendiamo troppo poco in ammortizzatori sociali e troppo in pensioni. E ancora: in Italia “tra le persone in cerca di lavoro vi è una quota elevata di persone in cerca del primo impiego, non coperte dagli schemi assicurativi contro la disoccupazione”, e ciò in quanto “il prevalere della tutela dei rapporti in essere – ha reso meno pressante l’esigenza di fornire un sostegno a fronte del rischio di disoccupazione e, al tempo stesso, producendo una frattura tra occupati e inoccupati, ha contenuto la platea di potenziali beneficiari dei trattamenti di disoccupazione comunque esistenti”. Tendiamo a trascurare l’importanza dei trattamenti di disoccupazione perché questi servirebbero soprattutto a chi ha perde un posto di lavoro, mentre in Italia il grosso dei disoccupati è gente che un posto di lavoro deve ancora trovarlo o che sta transitando da un lavoro precario ad un altro.
Se qualcuno ha voluto chiamare “legge Biagi” la legge 30, è lui che sta insultando la memoria di Marco Biagi, non chi si batte contro la precarietà. L’esperienza dei paesi industrializzati dimostra che la flessibilità non crea lavoro (www.bepress.com) e, senza protezioni sociali, genera soltanto precarietà.
Ha funzionato la legge 30? Viene sostenuto spesso che dopo le riforme del mercato del lavoro, l’occupazione è aumentata di 2 milioni. Ma le leggi sulla flessibilità han prodotto quello che gli economisti chiamano la diluizione del lavoro: la stessa quantità di lavoro viene divisa tra più lavoratori, com’è in fondo ovvio se 2 precari fan lo stesso lavoro di 1 regolare, ma costano molto meno. L’ISTAT ci dice che il tasso di disoccupazione è dimezzato dal 1997 ad oggi (6.2%). Il problema è che una lettura di quel dato va integrata col dato su scoraggiati e unità di lavoro. Tenendo conto di questi elementi, la disoccupazione veleggia ancora ben sopra il 10%. Sempre l’ISTAT ci informa che nel primo trimestre 2007, i disoccupati in Italia sono circa 1.600.000: 2 ricercatori dell’ISFOL, Mandrone e Massarelli (www.lavoce.info), gente abituata a dare numeri meditati, dicono che 1 su 4 dei 3.575.000 precari italiani è non occupato, ovvero che poco meno della metà dei senza lavoro è precaria. Abbiamo bisogno di altri dati per preoccupaci? E allora pensate che quando un precario è disoccupato nessuno gli versa contributi per quella pensione da fame che si ritroverà tra qualche anno e almeno 1 milione di precari negli ultimi 10 anni hanno lavorato con contributi che daranno pensioni sotto la minima. Che il reddito netto annuo di un “permanente” è in media di 15 mila € e di un “precario” di 10 mila €. O ancora: il 12% occupati è atipico (ma tra i giovani la percentuale sale ad oltre il 40%) e questo numero è destinato a salire in quanto ogni anno il rapporto tra “nuovi” precari e precari che si stabilizzano (diventano cioè lavoratori a tempo indeterminato) è di 2 a 1. Sembra poco, ma siamo già ad oltre 3 volte più degli altri lavoratori, e molti di questi sono laureati).
L’introduzione del lavoro atipico nelle forme previste dalla legge 30, ha di fatto allargato il ventaglio delle alternative a disposizione dell’imprenditore privato nell’impiegare lavoro: è stata ampliata la discrezionalità dell’imprenditore nell’assumere lavoro mentre nulla cosa si è mosso per tutelare i diritti dei lavoratori? Si possono (devono?) introdurre riforme sociali a garanzia dei precari, ma il vero problema è che da noi non c’è lavoro: un paese che si proponeva di introdurre dazi per fronteggiare la concorrenza delle merci cinesi, non comprendendo che l’innovazione è il terreno sul quale competere e che continua a non spendere in ricerca, è così miope che il declino che gli si prospetta non è ineluttabile, ma probabilmente meritato. Un abbraccio." Mauro Gallegati.

Ps: Secondo uno dei principali economisti del secolo scorso, Schumpeter, sul finire dell’Ottocento, la scuola italiana di economia non era seconda a nessuno nel mondo. 2 tra i maggiori suoi esponenti, Pantaloni e Pareto, tenevano una fitta corrispondenza: possiamo leggervi: “ma secondo te in italia son peggio gli eletti o gli elettori?” Risposta: “Che domanda? E’ come chiedere se puzza di più la ca… o la mer..”. Il V-day dice invece che non vogliamo morire né puzzati, né puzzosi!" Mauro Gallegati

Ps: Scaricate e diffondete il libro: "Schiavi Moderni". Siamo arrivati a 370.000 copie downlodate!
Ogm: il governo francese verso la moratoria dice il ministro Borloo a “Le Monde”

“Il governo francese si appresta a imprimere una seria frenata alla disseminazione di ogm. Nel quadro della ‘Grenelle dell’ambiente’ - conferenza sull’ambiente - prepara un congelamento della commercializzazione delle sementi biotech, pur continuando ad autorizzare il proseguimento delle ricerche in laboratorio”. È quanto si legge sul sito di “Le Monde”, in cui si spiega che Jean Luois Borloo, ministro dell’ecologia, ha confidato questa sua intenzione ad un gruppo di parlamentari della maggioranza, e che l’ha poi confermata al giornale. “Sugli ogm - ha detto - tutti sono d’accordo: non si può controllare la disseminazione. Per cui non ci assumeremo questo rischio”. L’annuncio - sempre a quanto riferisce il quotidiano - è stato ovviamente accolto con favore dalle organizzazioni ambientaliste, ma ha suscitato le proteste dei cerealicoltori. (Agrapress)

Ogm: su moratoria ancora nessuna decisione sottolinea ministro Agricoltura francese

La questione della commercializzazione in Francia di sementi ogm “non è stata decisa”. Lo ha affermato il ministro dell’Agricoltura Michel Barnier davanti al congresso dei cerealicoltori e dei produttori di oleginose. Barnier ha aggiunto che sarà il presidente Nicolas Sarkozy a dire la parola finale. Le dichiarazioni del ministro dell’Agricoltura fanno seguito a quelle rilasciate dal ministro dell’ambiente jean luois borloo, che aveva annunciato un “congelamento della commercializzazione di semi ogm”. Sempre a questo proposito, rispondendo alle domande dei giornalisti, un portavoce della Commissione europea ha specificato che, in base alla normativa comunitaria, non è possibile vietare la commercializzazione di ogm in un paese. (Agrapress)

Ogm: in Francia prosegue il dibattito l’ultima parola a Sarkozy

Sarà il presidente Nicolas Sarkozy a dire la parola finale sulla coltivazione di ogm in Francia, al termine degli stati generali sull’ambiente, noti come “Grenelle environnement”, le cui conclusioni sono previste a ottobre. La conferenza sta attualmente lavorando divisa in gruppi di lavoro, i quali metteranno a punto dei documenti che saranno poi sottoposti a consultazioni pubbliche, per arrivare infine ad una sintesi in un appuntamento a cui parteciperà il capo dello stato. Il gruppo di lavoro sugli ogm, a quanto riferisce il quotidiano “Les Echos” citando il vice presidente del gruppo, la senatrice Marie-Christine Blandin (verdi), ha già concluso i propri lavori, trovando un consenso “su tre punti essenziali”: il primo è che “attualmente non c’è nessuna valutazione scientifica seria dei rischi” ed il secondo che occorre “abbandonare la nozione di una soglia dello 0,9% di ogm a partire dalla quale l’etichettatura dei prodotti sarebbe obbligatoria e che non poggia su alcuna base scientifica”. Infine, tutti hanno richiesto la creazione di un’alta autorità multidisciplinare ed indipendente, incaricata di valutare non soltanto i rischi degli ogm ma anche il loro interesse sociale ed economico. Nel documento finale del gruppo, sono state incorporate anche alcune posizioni di minoranza, che riguardano in particolare il principio di responsabilità dell’industria sementiera in caso di contaminazione accidentale, l’obbligo per l’agricoltore di sottoscrivere una polizza d’assicurazione o la possibilità per le autorità locali di rifiutare la coltura di ogm sul proprio territorio. (Agrapress)

per saperne di più www.aiab.it

mercoledì 26 settembre 2007


Piselli OGM

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Un esperimento pluriennnale con piselli modificati geneticamente è stato interrotto in Australia per motivi di sicurezza.
I topi che si sono nutriti di questi legumi hanno infatti contratto una malattia ai polmoni.
Secondo Thomas Higgins, vicedirettore dell'istituto di ricerca statale CSIRO, la reazione dei roditori è dovuta probabilmente alla mutazione di una proteina e potrebbe avvenire anche nell'uomo.

La Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO) era riuscita a creare nel sud dell'Australia un campo di piante di piselli resistenti praticamente al 100% alle infestazioni da parte degli insetti.
Quello che in un primo tempo sembrava un successo per un progetto costato milioni di dollari e dalla durata di 10 anni ha dovuto però essere bruscamente interrotto quando in un test i piselli sono stati dati da mangiare ai topi: gli animali hanno sviluppato un'infiammazione ai polmoni.

"La reazione dei topi alla proteina potrebbe rispecchiare quanto potrebbe avvenire nel corpo degli esseri umani", ha spiegato Higgins all'emittente ABC.
"Non abbiamo una prova che ciò avvenga, ma esiste la possibilità che si verifichi", ha aggiunto il ricercatore statale commentando i risultati dello studio pubblicato sul "Journal of Agricultural and Food Chemistry".

L'allarme ha imposto l'immediato stop al progetto e i ricercatori stanno ora pensando a distruggere tutti i piselli.


Non si capisce chi li voglia i prodotti OGM. Nessuno è in grado di dirci se produrranno degli effetti a medio termine sul nostro organismo.

il 55,7% degli svizzeri ha detto no in un referendum agli OGM per i prossimi cinque anni ed è la prima nazione a esportare prodotti con la dicitura “OGM free”.

I dipendenti degli svizzeri (il governo) erano contrari al referendum e favorevoli all’OGM.

In Italia ci sono 250 campi in cui si coltivano prodotti OGM con mais geneticamente modificato delle aziende Agrevo, Monsanto, Pioneeer e Syngenta.

Non credo che ci sia un solo italiano sano di mente che non desideri chiudere questi campi e mandare a casa le aziende OGM.

Rendiamo pan per focaccia alla Svizzera: importiamo fette biscottate “OGM free” e esportiamo i nostri dipendenti al governo geneticamente modificati.

dal sito http://www.beppegrillo.it/

(ACR) OGM, SU PROPOSTA DI FIERRO (UDEUR) AUDIZIONE DELLE ASSOCIAZIONI IN TERZA COMMISSIONE

leggi l'articolo

http://www.basilicatanet.it/news/article.asp?id=591575

Le tipicità italiane non hanno bisogno di Ogm



di VALENTINO VALENTINI - Presidente di Res Tipica e Città del Vino

- 25 Settembre 2007 -

No al vino OGM. Sì alla valorizzazione dei vitigni autoctoni e antichi.
No alla “manipolazione” genetica. Sì alla ricerca clonale.
Le Città del Vino, l’associazione nazionale che raggruppa oltre 550 Comuni italiani nei cui territori si producono vini a denominazione di origine, è da sempre apertamente schierata contro l’ipotesi di un “vino geneticamente modificato” e più volte ha lanciato campagne di sensibilizzazione che, a partire dagli Enti Locali associati, hanno coinvolto i cittadini, i produttori, i consumatori di vino.
Pertanto è stato necessario aderire alla Coalizione “Italia Europa - Liberi da OGM”, perché siamo convinti che il nostro Paese non abbia bisogno, per promuovere i suoi prodotti, tutti idealmente compresi nel nostro ricchissimo paniere agro alimentare, variegato e di altissima qualità, di aggiungere (o togliere) nulla rispetto a quanto madre natura non abbia già aggiunto o tolto nel corso del tempo.

Non siamo certo contrari pregiudizialmente alla ricerca, tutt’altro, ma crediamo che nel campo della genetica ci si debba muovere con grande accortezza. Come stanno facendo alcuni studiosi italiani e francesi che hanno reso possibile la “decifrazione” del genoma della vite. Si tratta di un risultato di estrema importanza. L’ulteriore ricerca potrà portare, secondo quanto affermano gli studiosi, a conoscere quei geni che sono alla base dei caratteri di un vitigno per poi passare alla comprensione di come diversi vitigni producono certi loro caratteri.
Utilizzando queste nuove conoscenze potremmo anticipare i risultati del miglioramento genetico. Oggi per costituire un nuovo clone per incrocio ci vogliono circa 20 anni, ma con l’utilizzo delle informazioni genetiche si potranno ridurre questi tempi a 4 o 5 anni. Si potranno scartare o selezionare, già a partire dalle giovani piantine, piante che posseggono certi geni “marcatori” di quel determinato carattere che si vuole moltiplicare. Pensiamo ai benefici che si potranno ottenere tenendo conto, ad esempio, delle variazioni climatiche e quindi dell’adattabilità o meno di certi vitigni a nuove condizioni ambientali.

L’apertura tout court alle viti ogm, invece, fatta già da alcuni anni in sede di Comunità Europea, può provocare conseguenze ancora non conosciute sull’ambiente e una contaminazione anche ai terreni limitrofi ai vigneti potenzialmente interessati. Resta poi impensabile poter anche solo parlare di vini costruiti in laboratorio, di vini fabbricati in provetta. Tutto ciò potrebbe provocare danni enormi ai produttori di qualità; gravi rischi per le produzioni di pregio, compromettendo irreparabilmente il legame tra vino e territorio, che sta alla base della qualità ed è condizione irrinunciabile della tipicità italiana.

Ma non c’è solo il vino. Il nostro Paese è straordinariamente ricco di prodotti, e quindi di sapori e di odori, ma anche di saperi e di tradizioni, di culture che non possono essere assolutamente perdute.
Per questo è nata Res Tipica, la rete delle Città di Identità voluta dall’Anci e che ho l’onore di presiedere, che riunisce tutte le associazioni di Comuni che si identificano con un prodotto (sia esso frutto del lavoro rurale, sia dell’ingegno artigianale) e con il suo rapporto con il territorio.

La difesa delle nostre tante identità non può che passare attraverso la difesa della qualità e della riconoscibilità dei prodotti, valorizzando forme di turismo lento legato proprio alla scoperta di questi prodotti e alle esperienze sensoriali che ne derivano, incentivando lo sviluppo locale in forme compatibili con l’ambiente e tutelando i nostri bellissimi paesaggi.

La lotta contro gli OGM deve essere decisa e decisiva, perché potenti sono le grandi industrie che premono affinché i governi soddisfino le loro pretese commerciali spesso dettate solo dall’obiettivo del massimo profitto, incuranti di altri valori, imprescindibili e irrinunciabili in un’ottica di salvaguardia delle produzioni tipiche di qualità e del territorio.
Il riconoscimento di tali valori, la convinzione dello loro importanza, l’impegno efficace e unanime sono le premesse che possono garantirci i migliori risultati in termini di tutela della qualità e della tipicità delle produzioni e dell’ambiente.

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martedì 25 settembre 2007

LAVORO ED OCCUPAZIONE IN BASILICATA: ASPETTI ATTUALI DELLA QUESTIONE MERIDIONALE.



Esiste ancora una “ questione meridionale “ ? Se mai continuasse ad esistere di certo, oggi , non si proporrebbe nei suoi caratteri tradizionali di fame e di malaria, con un notevole divario nei livelli di consumi primari e di benessere materiale. E’ però fuori di dubbio che lo squilibrio tra “le due Italie” denunciato da tanta letteratura resta, palesemente registrato in termini di sistema produttivo di mercato. Permane, innegabilmente, il ritardo strutturale e persiste una economia precaria che accentua la disoccupazione, alimenta la sottoccupazione e stabilizza la inoccupazione.

In Basilicata poi si assiste ad un vero e proprio paradosso: pur in presenza di un alto tasso di disoccupazione, vi è una qualificazione professionale medio / alta che non trova in loco soddisfacimento occupazionale, mentre il lavoro a bassa qualificazione professionale dei settori primari viene sempre più spesso eseguito da manodopera extra comunitaria.

Si è giunti, in breve, ad un punto in cui i termini del rapporto sviluppo-sottosviluppo si sono rovesciati: non si è di fronte ad un problema di sovrappopolazione che genera disoccupazione e spinge a risolverla con l’emigrazione; siamo in presenza di una popolazione numericamente inferiore quanto a tasso di crescita demografica e però egualmente sovrabbondante per qualificazione ( o per ambizione ) professionale rispetto alle risorse effettivamente disponibili nella Regione. Che però, di converso, costituisce polo d’attrazione di una immigrazione generato da una espansione dei servizi e da attività produttive a basso bisogno di capitale e di tecnologia, che richiedono quindi forza lavoro di non elevata professionalità: è del tutto consequenziale che in tal modo si contribuisca alla persistenza di un sistema produttivo marginale, rendendo così evidente lo squilibrio tra offerta e domanda di lavoro, con risvolti evidenziabili non soltanto in termini statistici ed economici ma anche umani ed etici.

FALVELLA MINA

Sociologa

mina.falvella.133@istruzione.it