“Strano apprendere che vi siano ancora timori per l’istituzione del parco della Val d’Agri e che lo stesso secondo alcuni potrebbe frenare lo sviluppo dell’agricoltura della zona quando a nostro avviso, semmai, il vero freno allo sviluppo è da ricercare in altre cause e non certo nell’istituzione di un’area protetta di rilevanza nazionale". Ad affermarlo è stato Terenzio Bove, presidente dell’Associazione italiana Agricoltura biologica di Basilicata (Aiab). “L’istituzione di un parco d’importanza nazionale – continua Bove- è un processo democratico e partecipativo che richiede diversi anni ed è strutturato a tappe segnando inevitabilmente l'inizio di una nuova evoluzione dell'ecosistema e delle caratteristiche socio-economiche legate al territorio interessato. Pertanto nella logica della concertazione con chi sul territorio ci vive, ci lavora, produce ed eleva l’immagine complessiva del territorio stesso mi sembra d’obbligo che nell’immediato ci sia un confronto costruttivo per analizzare i limiti e le prospettive e mettere in atto strategie che consentano al parco di nascere sotto i migliori auspici. Vorrei ricordare – continua Bove - che tra le attività produttive, l'agricoltura, ed in particolare quella condotta con metodo biologico, ha oggi un ruolo di primaria importanza nella conservazione dell'ambiente, delle risorse naturali e per il mantenimento della biodiversità di cui è così ricca l'Italia. Nelle aree collocate in zone di montagna e/o svantaggiate, a nostro avviso, l'attività agricola, condotta con metodi biologici, rappresenta un elemento indispensabile per mantenere vivo il tessuto sociale, economico e storico-culturale delle stesse comunità umane insediate.
Quindi bisogna attivarsi urgentemente affinché tutte le aziende interessate adottino il biologico come metodo di produzione aziendale che consentirebbe alle stesse aziende di recuperare l’immagine di “agricoltura di qualità” e genuina che ultimamente si va perdendo grazie anche a trasmissioni televisive che di certo non agevolano l’agricoltura lucana. Se le aziende si devono adattare a nuove forme di governance territoriale allora che siano direttamente coinvolte nella gestione del parco e siano affidate a loro le realizzazioni di alcune azioni". Secondo l’Aiab, piuttosto, “si deve fare presto nel redigere i piani di sviluppo territoriali sviluppandolo con il metodo della concertazione con le parti sociali ed in particolare con le associazioni agricole; nella predisposizione dei criteri e dei regolamenti di gestione siano considerate attentamente le attività agricole presenti, per garantirne il mantenimento ed il sostegno mediante indennità compensative e agevolazioni per gli investimenti, evitando ogni ulteriore appesantimento burocratico e normativo per le stesse; siano individuate le opportune condizioni affinché, nell'imposizione fiscale e relativamente alla previdenza, vengano previste agevolazioni a favore delle imprese agricole ubicate nel territorio delle aree protette; nel parco si costituiscano tavoli permanenti tra gli organi di gestione delle aree protette e le rappresentanze degli agricoltori per operare una informazione ed un confronto costanti in merito alle politiche di gestione delle stessa area protetta attivandosi per favorire la crescita dei servizi di tipo ambientale forniti dalle aziende agricole ed il mantenimento o l'introduzione di tecniche agricole rispettose dell'ambiente naturale anche attraverso il pieno utilizzo degli incentivi finanziari comunitari, nazionali, regionali e, compatibilmente con proprie risorse. Infine sembrerebbe un problema l’aumento spropositato della fauna selvatica (cinghiali soprattutto) che potrebbe essere risolto con le predisposte ed attivate incisive misure per limitare tali danni ricorrendo ad azioni di controllo e di contenimento numerico della fauna selvatica presente.
A nostro avviso l’unica categoria danneggiata, se così si può dire, è quella che pratica lo sport della caccia”.
(BAS - 02)