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domenica 30 settembre 2007

BIODIVERSITA' I benefici delle piante

di John Tuxill
ricercatore del Worldwatch Institute

NONOSTANTE SPESSO LO SI DIA PER SCONTATO, il fatto di conoscere e di poter accedere alla biodiversità botanica – quel vasto e multiforme patrimonio che ci è stato tramandato dalla natura e da generazioni di contadini e foraggieri locali – rappresenta una delle più grandi fortune dell'umanità. Per nutrire le famiglie, per curare i malati, per costruire e arredare le case, la maggior parte dei popoli di tutto il mondo dipende da risorse che direttamente o indirettamente, provengono dalle piante. Fino a oggi i botanici hanno dato un nome e descritto più di 275 mila specie vegetali maggiori, e si stima che altre 50 mila siano in attesa di essere ufficialmente scoperte. La più alta concentrazione di varietà di piante si trova nelle zone tropicali e subtropicali. Nel caso di moltissime specie, l'esperto che le conosce meglio non è lo scienziato di professione, bensì la popolazione locale che vive dove cresce la pianta e sa come usarla. Per esempio una pianta su tre è commestibile e nella maggior parte dei casi è consumata localmente, come avviene per i 133 tipi di erbe selvatiche che da sempre crescono in Toscana, nella zona della Garfagnana. In tutto il mondo, poi, migliaia di specie di piante sono impiegate nei sistemi locali di medicina tradizionale, dove servono per curare ogni genere di malanno. In Cina, dove l'uso delle piante in medicina risale a quattromila anni fa, i guaritori utilizzano più di 5 mila piante. In Asia meridionale, le piante che hanno un impiego ben preciso in medicina sono più di 1.800.

L’importanza della varietà

Il numero totale di specie vegetali, tuttavia, non riesce da solo a dare un'idea della portata delle varietà, in quanto in alcuni casi è la diversità genetica e dei fenotipi all'interno delle specie che è più importante e significativa. I guaritori tradizionali sanno bene che particolari varietà o popolazioni di una pianta medicinale spesso hanno un effetto farmacologico superiore. E se è senz'altro vero che la maggior parte delle calorie consumate dall'umanità proviene da poche specie di piante coltivate – grano, riso, mais, sorgo, patate e canna da zucchero sono le principali – esistono però centinaia di migliaia di varietà di queste coltivazioni, ognuna con diverse proprietà morfologiche, agronomiche e culinarie. Si ritiene, per esempio, che in India dall'inizio dell'ultimo secolo, siano state coltivate più di 30 mila varietà di riso. Queste varietà nelle varietà sono il risultato di generazioni di selezioni e lavoro da parte di contadini locali e indigeni di ogni parte del mondo.

È stato nel secolo scorso, tuttavia, che come mai in passato, abbiamo tratto i maggiori vantaggi dalla biodiversità delle piante. Quando la genetica, scienza emergente, ha contribuito ad aprire la strada a una straordinaria crescita in termini di produttività agricola, i selezionatori hanno radunato diverse varietà di coltivazioni di tutto il mondo, da cui hanno attinto per sviluppare un mais ibrido, un riso ad alto rendimento, un tipo di grano resistente alle malattie e altre rigogliose piante dell'agricoltura moderna. Allo stesso modo, quando nel secolo scorso si assistette a un rapido progresso delle tecniche impiegate in medicina, molti dei nuovi processi e trattamenti diventarono possibili grazie a farmaci sviluppati da composti che erano già stati individuati nelle piante. Oggi, dei 150 farmaci di più largo impiego, oltre la metà trae origine dalle piante. La tubocurarina, per esempio, impiegata per rilassare i muscoli dello scheletro nella maggior parte delle procedure chirurgiche, in origine era ottenuta da una pianta sudamericana. Naturalmente molte di queste piante utili in medicina non sono state scoperte dagli scienziati occidentali, ma dai curatori indigeni. Dalla pianta da cui si ottiene la tubocurarina, per esempio, si estrae anche il curaro, un veleno che i cacciatori aborigeni dell'Amazzonia spesso applicavano sulle frecce e sui dardi delle cerbottane per paralizzare le loro prede

Eppure, nonostante il lungo elenco di prodotti e vantaggi che l'uomo ha ottenuto dalle piante, molti potrebbero sostenere che ci aspetta un futuro ben diverso. Quasi ogni giorno scopriamo progressi tecnologici che sembrano promettere un'indipendenza senza precedenti dai limiti della natura. I selezionatori oggi possono costruire dal punto di vista genetico nuove varietà di piante trasferendo in queste ultime dei geni di organismi a loro del tutto estranei, come nel caso del pomodoro dotato del gene di un pesce oceanico che lo rende resistente al freddo. Analogamente, nella caccia di nuove medicine, i laboratori delle ditte farmaceutiche oggi possono creare e selezionare rapidamente composti chimici sintetici usando tecniche di chimica combinatoria e computer di grande potenza.

Tuttavia, sotto questa facciata di modernità, il nostro benessere continua a dipendere fondamentalmente dalle fortune della biodiversità vegetale. I selezionatori ogni anno tornano alle varietà delle colture tradizionali e alle specie affini selvatiche per reperire delle peculiarità essenziali che sono introvabili nelle linee di riproduzione più avanzate. Secondo l'economista Timothy Swanson, il 15 per cento del plasma germinale impiegato ogni anno per originare colture come il grano e il riso, è costituito dalle varietà tradizionali e da quelle selvatiche. Similmente continuano a essere scoperti potenziali nuovi benefici curativi dei composti vegetali – come nel caso della recente scoperta di una sostanza nelle radici di una pianta rara originaria degli Stati Uniti, che potenzia gli effetti dei composti chimici impiegati per combattere le cellule cancerogene. Un'altra indicazione della nostra costante dipendenza dalle piante è rappresentata dall'espansione del mercato europeo e nord americano delle medicine a base di erbe, che oggi interessa migliaia di specie vegetali e miliardi di dollari in vendite ogni anno.

Una risorsa indispensabile

Per gli abitanti dei paesi in via di sviluppo che non hanno praticamente accesso ai frutti dell'ingegneria genetica o della moderna industria farmaceutica, la varietà delle piante continua a essere una risorsa indispensabile, come nel passato. La maggior parte degli agricoltori su piccola scala continua a coltivare diversi tipi di colture e varietà, usando principalmente le sementi da loro selezionate e conservate. Questa "agrodiversità" consente ai contadini di soddisfare un ampio ventaglio di necessità familiari di sussistenza e inoltre riduce il rischio di una perdita completa del raccolto a causa di catastrofi naturali o in seguito allo scoppio di qualche pestilenza. La medicina tradizionale – che per l'85 per cento prevede preparazioni a base di piante – rimane la principale forma di assistenza sanitaria per circa 3,5 miliardi e mezzo di persone nel mondo. In alcune zone rurali dell'Africa meridionale, per esempio, c'è un guaritore tradizionale ogni 500 persone e un medico ogni 17.500 persone. Oltre a cibo e medicine, le piante locali forniscono una serie di prodotti che le popolazioni rurali continuano a raccogliere e coltivare per soddisfare i propri bisogni domestici di combustibile, riparo e reddito.

L'affidamento di molti popoli alla diversità vegetale, particolarmente nel mondo in via di sviluppo, rende sempre più problematica la percentuale di diminuzione delle risorse botaniche. La World Conservation Union (l'unione mondiale per la conservazione) stima che praticamente una su ogni otto specie di piante nel mondo è potenzialmente a rischio di estinzione. Più del 90 per cento di queste specie "a rischio" è endemico di un solo paese, cioè si può trovare soltanto in quel paese e in nessun altro luogo nel mondo. Tra le piante a rischio vi sono molte specie con un chiaro valore attuale o futuro per l'umanità. Da una recente indagine sulle piante in pericolo di estinzione condotta dal Center for Plant Conservation (il centro per la conservazione delle piante) è emerso che per due terzi sono piante affini a specie coltivate. Se queste piante si estingueranno, scomparirà anche tutta una serie di potenziali vantaggi genetici per l'agricoltura e l'orticoltura del mondo

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la perdita di un patrimonio

Forse l'aspetto più allarmante di tutti è che la diminuzione dei tipi di piante sembra corrispondere a una ancor più rapida perdita del patrimonio culturale indigeno relativo al modo di usare e gestire le risorse vegetali. La conoscenza delle piante nelle società indigene è spesso strettamente correlata a un particolare contesto socioculturale, quali i riferimenti cosmologici delle tradizionali cerimonie curative o l'importanza per la sussistenza dei nuclei familiari dell'agricoltura locale su piccola scala. Se le regole culturali per l'impiego delle piante cambiano o si sgretolano, schiacciate dalle pressioni sociali, economiche o ecologiche, le conoscenze indigene sulle piante possono diminuire, anche se in realtà le risorse vegetali continuano a esistere. Lo scienziato John Leinhard ha paragonato la situazione attuale a quella dell'Europa dello scorso millennio, quando le tribù nomadi occuparono zone che precedentemente avevano fatto parte dell'impero romano. Vivevano tra strade abbandonate, acquedotti e palazzi, per lo più non conoscendo quale fossero i potenziali vantaggi offerti da queste opere, proprio come le popolazioni acculturate dell'Amazzonia e dell'Oceania vivono tra piante che non utilizzano o riconoscono più.

È probabile che la perdita delle piante e della relativa cultura indigena comporti un notevole costo in termini di opportunità per tutti noi. Soltanto il 5-10 per cento delle specie vegetali di tutto il mondo sono state esaminate dai biochimici per scoprire quali sostanze chimiche contengano. In base alle percentuali di scoperta del passato, i ricercatori Michael Balick e Robert Mendelsohn stimano che nelle piante della foresta pluviale tropicale vi siano più di 300 composti utili per la medicina che aspettano di essere individuati, sempre che non scompaiano prima. Analogamente, il potenziale genetico delle varietà delle colture mondiali non è ancora stato del tutto esplorato. Delle decine di migliaia di varietà di piante coltivabili immagazzinate nelle banche del seme internazionali, soltanto una piccola parte è stata impiegata nei programmi di selezione delle colture.

Anche così questi costi in opportunità probabilmente non si ripercuoteranno in tempi brevi su quanti di noi in Europa, America del nord e Giappone possono usufruire di un'assistenza medica di alto livello e di un'abbondante produzione agricola, sostenuta da programmi di coltivazione estensiva. Ma per milioni di persone nei paesi in via di sviluppo che dipendono più direttamente dai vantaggi delle varietà delle piante e per i quali è difficile riuscire ad accedere a prodotti e servizi sostitutivi, la diminuzione di risorse vegetali troppo spesso significa anche un peggioramento della qualità della vita. In Messico, per esempio, lo sfruttamento eccessivo di piante medicinali ha fatto sì che alcune specie altamente pregiate, come la valeriana, non siano più immediatamente disponibili e i commercianti di piante oggi le sostituiscono con specie simili, ma inferiori sotto l'aspetto farmacologico. La perdita delle conoscenze indigene, d'altra parte, può gettare le generazioni più giovani delle popolazioni rurali in un limbo deprimente: spesso non hanno un'educazione o una formazione ufficiale tale da consentire loro di trarre pienamente vantaggio dall'economia moderna che è ormai alle loro porte, ma non hanno neppure acquisito quella profonda conoscenza etno-ecologica della flora e della fauna locali che era alla base delle usanze dei loro genitori o nonni.

Qualche modesta proposta

Tra alcune delle più importanti misure che i governi hanno adottato per tutelare la varietà delle piante vi sono la creazione di parchi nazionali e di riserve naturali, nonché la riduzione del commercio di prodotti vegetali eccessivamente sfruttati. Sicuramente si tratta di azioni lodevoli, sebbene esistano iniziative meno eclatanti, ma ugualmente essenziali, che possono essere adottate per riaccendere l'apprezzamento nei confronti del valore della varietà delle piante e riportare la saggia cura delle risorse arboree nella vita quotidiana della gente. Per alcuni di noi ciò può significare riscoprire l'usanza stagionale della raccolta di messi o di piante selvatiche locali, o forse imparare qualcosa di più sulle erbe medicinali tradizionali. Per chi, invece, dipende ancora dalle risorse vegetali, può significare ricevere sostegno da organizzazioni e agenzie per rendere il loro impiego più sostenibile. Potrebbe significare programmi di educazione ambientale nelle scuole dove gli anziani e i giovani della comunità si potrebbero riunire per condividere le conoscenze sulle piante e le tradizioni culturali a esse legate. Queste possono essere iniziative piccole, tuttavia costituiscono alcune tra le più valide possibilità che abbiamo per assicurare che i vantaggi legati alla varietà delle piante continuino a essere alla portata di quanti vi fanno affidamento.

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