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giovedì 27 dicembre 2007

I FAGIOLI: DA CARNE DEI POVERI AD ALIMENTO UNIVERSALE

La modestia dei fagioli - “Mangia fagioli” - il disprezzo classista che frequentemente, in epoche non remote, veniva riservato ai forzati consumatori di questo umile e generoso legume non ha finalmente più nessuna ragione di sopravvivere. Anzi! E in Basilicata lo abbiamo scoperto per primi. È ormai noto a molti che la presenza dei legumi, insieme al grano, ha praticamente impedito che nelle regioni meridionali imperversasse la Pellagra, malattia gravissima, spesso mortale che dalla seconda metà dell’ottocento fino agli anni quaranta del novecento, ha sconvolto le campagne del Veneto e della Pianura Padana. A Sarconi, per citare un esempio non casuale, la classe dei braccianti, la più misera, traeva sostentamento dai piccoli appezzamenti di terreno tutti seminati a fagioli. La consapevolezza che i legumi, e soprattutto i fagioli, costituivano la sola via di salvezza dalla fame era infatti così diffusa da far sì che, nella zona, le coltivazioni di tali prodotti fossero le maggiormente rappresentate, come ci confermano i dati contenuti nel catasto conciario fin dal 1746. In altre parole, i contadini pur non essendo a conoscenza della composizione chimica dei fagioli, avevano intuito le loro grandi capacità energetiche. Non potendo, per le condizioni misere in cui versavano, nutrirsi di carne, si sfamavano con cereali e legumi cioè con la classica pasta e fagioli: il piatto simbolo dell’alimentazione contadina. In Basilicata, la coltivazione dei legumi, e dei fagioli soprattutto, viene registrata già alla fine del XVI secolo come risulta dai registri amministrativi degli Ordini Religiosi Conventuali dell’epoca. Si tratta, in questo caso dei fagioli americani, arrivati in Italia dopo la scoperta di Cristoforo Colombo del Nuovo Continente. Fino ad allora le specie diffuse, conosciute già dagli antichi romani, erano fagioli dall’occhio, come ci testimonia Apicio nel De re coquinaria. (tratto dal libro: i fagioli di Sarconi da carne dei poveri ad alimento universale di T. Bove, A. Sanchirico, D. Serra 2003).

Il territorio

La zona di produzione dei Fagioli di Sarconi Igp comprende 11 comuni dell'Alta Valle dell'Agri in Basilicata: Sarconi, Grumento, Moliterno, Marsiconuovo, Marsicovetere, Montemurro, Paterno, San Martino d'Agri, Viggiano, Tramutola e Spinoso. I fertili terreni, che si estendono al disopra dei 600 m, le estati fresche e l'abbondanza d'acqua, combinate con le tradizionali tecniche di coltivazione, consentono di ottenere un prodotto inconfondibile. I produttori del consorzio FAGIOLI DI SARCONI Igp, hanno saputo recuperare e conservare ecotipi locali di indiscutibile valore agronomico, dalle qualità organolettiche eccellenti e produrli secondo regole, spesso non scritte, ma conosciute e tramandate di generazione in generazione. Tali regole, riportate nel disciplinare di produzione IGP, notificano che si tratta di una produzione ottenuta secondo gli usi e costumi popolari del mondo contadino, nel rispetto di tradizioni, caratterizzata da metodi agronomici tradizionali che prevedono la rotazione, la consociazione e le concimazioni spesso fatte con concimi organici, in assenza di diserbanti e pesticidi. Gli ecotipi di fagioli, localmente conosciuti con i nomi di ciuoto o fagiolo regina, munachedda, marucchedda, tuvagliedde, tabacchini, verdolini, nasiedd, risi – rappresentano per l’Alta Val d’Agri la storia, la cultura e le tradizioni di un popolo orgogliosamente legato alle proprie origini.

TERENZIO BOVE

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